Venezia: andar per isole orti mercati e bacari

Città incantata e decantata, la regina del Canaletto


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Veneto

Scriveva Guy de Maupassant:

Venezia! Esiste una città più ammirata, più celebrata, più cantata dai poeti, più desiderata dagli innamorati, più visitata e più illustre? Venezia! Esiste un nome nelle lingue umane che abbia fatto sognare più di questo?”

Venezia città incantata e decantata, teatro shakespiriano e di tanti romanzieri e poeti, è la regina del Canaletto che l’ha immortalata nella sua pace diurna. È la città del cinema e della Biennale d’Arte, è la città delle gondole, delle maschere e del Carnevale: unica, molteplice, sempre uguale e cangiante allo stesso tempo.

Qui il tempo pare essersi fermato, è come vivere in un’opera d’arte, camminare tra calli e ponti, perdersi tra i vicoli, le botteghe, i bacari. Chi visita Venezia ne rimane rapito. Siamo di fronte a un ecosistema dove ogni minuscola isola conserva un orto, un villaggio di pescatori, un centro di produzione artigianale (Murano con il vetro soffiato e Burano con i merletti).

Allo stesso tempo è un crocevia di culture, qui Oriente e Occidente si incontrano e si contaminano, lo si nota dalle architetture e dai monumenti, lo si sente e si vede passeggiando tra i mercati. Lo si degusta, perché Venezia come nessun’altra città ha incontrato tante identità culinarie, ricavandone suggestioni e piatti tipici.

Nella cucina di Venezia si trovano, infatti, la campagna del nord-est, il mare Adriatico e quello Egeo, Bisanzio e la Terra Santa, la Turchia e la Spagna. E poi c’è la ricchezza infinita della cucina di mare, che trova il suo luogo fisico nel mercato del pesce di Rialto, ma che si diffonde in tutta la città con i piatti della tradizione. Dal ricco branzino della Laguna da mettere nei risotti al più umile pesséto popolo, dai fritolini, cartocci di pesce antenati dello street food alle schie conse, i piccolissimi gamberetti grigi della Laguna lessati un minuto serviti sopra la polenta bianca con olio, prezzemolo e aglio; le moeche frite, granchi pescati molli, quando mutano la corazza, infarinati e fritti; le sogliole che a Venezia si chiamano sfògi passate in marinatura come sfògi in saòr, proprio come le sarde in saor e poi non ultimo il baccalà o stoccafisso mantecato. Se parliamo di tipico veneziano non dimenticate i bìgoli in salsa, pietanza di magro per i giorni di Vigilia nella quale i vermicelloni veneti fatti col “tòrcio” vengono conditi con cipolla molto cotta con l’aggiunta di acciughe dissalate e il fegato alla veneziana una seconda portata di carne cotta solamente con burro, cipolla (uno degli ingredienti principe della cucina veneziana) e olio.

E girando proprio per le pasticcerie, specialmente nel periodo di Carnevale, si trovano i galani (la versione dialettale dei cròstoli veneti e delle varie chiacchiere) e la frìtola, regina indiscussa e quasi un dolce di Stato nei tempi d’oro della Repubblica Serenissima con uvetta o crema. E poi i bussolài a ciambellina e i sinuosi buranèi ricchissimi di burro e di uova, da intingere nel vin santo. I baìcoli da calare nello zabaione, la torta nicolota tipica dei quartieri più poveri della città, i zaleti di farina di mais e molto burro.

La Laguna

(laguna di venezia al tramonto)

Venezia e la sua laguna sono Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 1987: l’area interessata ha una superficie di circa 550 km quadrati, di cui l’8% sono terreni emersi (Venezia e isole minori), il 12 % acqua o canali dragati, e il restante 80% piane di marea. È un ambiente di transizione tra terra e mare dal grande fascino, che si traduce anche nelle sue specialità artigianali e gastronomiche, dagli orti ai vini di laguna per arrivare alla grande presenza ittica. E sono proprio gli orti lagunari che sorprendono, vera ricchezza delle isole, con un’ampia e variegata produzione ortofrutticola che ha ispirato le ricette tipiche di questi posti. Tra quelli più celebri c’è Sant’Erasmo detta l’Orto di Venezia per la sua vocazione agricola, una piccola oasi verde con una spiaggia isolata, vigneti, orti e monumenti storici. Tra le sue specialità, assolutamente da provare il carciofo viola di Sant’Erasmo. Non dimentichiamo il vino, qui si trovano una serie di antichi vitigni, tra cui domina la malvasia istriana. Oltre Sant’Erasmo troviamo l’Orto della Giudecca e gli orti segreti, sempre più vocati al design e alle produzioni gourmet, come quello della Madonna dell’Orto, nel quartiere di Cannaregio, dove sorge l’omonima chiesa, o gli orti privati dell’Isola delle Rose. 

Rialto e il mercato del pesce

(mercato del pesce di rialto)

Rialto è uno dei più antichi nuclei abitati di Venezia, il nome della città, infatti, prima di essere Venezia, era Rivoalto, e il suo centro cittadino si trovava proprio sulla sponda occidentale del Canal Grande, dove venne costruito un primo ponte di barche, sostituito poi da uno in legno, fino ad arrivare al famosissimo Ponte di Rialto in pietra, a campata unica. Siamo nella zona più antica della città, dove ha sede fin dal 1097 il mercato cittadino. Qui si poteva comprare qualsiasi tipo di cibo, merci esotiche come spezie orientali e tessuti pregiati che arrivavano dall’Oriente. Cuore pulsante del mercato di Rialto, è la Pescheria, visto che il pesce è alla base della cucina veneziana. Fin dal 1173 la Repubblica di Venezia regolamentava la vendita del pesce con un editto che ne fissava le norme, ancora è visibile la tabella in marmo bianco che indicava le lunghezze minime permesse per la vendita del pesce. Un mercato unico, dove trovare qualsiasi tipo di pesce, posto all’interno di una loggia costruita in stile neogotico dall’architetto Domenico Rupolo agli inizi del ‘900 con colonne ornate da capitelli tutti diversi l’uno dall’altro dove l’abilità degli scalpellini ha creato creature marine, fiori, simboli esoterici e addirittura le teste degli autori. In questo mercato potete trovare dei pesci, crostacei in particolare, unici frutto della pesca in laguna

Baicoli

(baicoli sul tavolo)

“No ghe a ‘sto mondo no più bel biscoto, più fin, più dolce, più lisiero e san, da mogiar nella cicara e nel goto, del baicolo nostro venezian”.

Così recita un aforisma sulla più celebre scatola di biscotti della laguna. Scatola che, per inciso, viene proposta ancora oggi nella sua veste originale agli affezionati acquirenti di questo piccolo gioiello della biscotteria tradizionale veneziana. Nel Dizionario del dialetto veneziano pubblicato nel 1829, Giuseppe Boerio descrisse il baicolo come segue: “Pasta reale condita di zucchero, spugnosa, biscottata, che s’inzuppa nel caffè o simili bevande. Dicesi baicolo per similitudine, benché grossolana, alla figura dei piccolissimi cefali, chiamati appunto Baicoli. Infatto sono biscotti che i marinai portavano nei lunghi viaggi per mare per ritrovare un po’ dei sapori di casa. Si tratta di un biscotto duro, molto semplice nella sua preparazione e fatto, ieri come oggi, con ingredienti genuini come farina, burro, zucchero, albume e acqua. Ha una forma allungata e leggermente schiacciata, come di un pesce, ed è proprio da qui che prende il suo nome, che in dialetto veneziano significa appunto piccoli pesci. Perfetti da abbinare con la cioccolata calda, il caffè, lo zabaione, i budini e i vini dolci.  

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